Una settimana fa il referendum sul prolungamento delle concessioni per la ricerca di idrocarburi non raggiungeva il quorum. Astensionismo e falsità hanno affossato la conoscenza degli effetti della norma ma anche la coscienza ambientale di molti. Analisi e numeri ci dicono comunque che dove il problema è reale la risposta è stata forte. Intanto a Genova è disastro ambientale per sversamento di petrolio.
In occasione del referendum dello scorso 17 aprile sulle trivellazioni, la tematica ambientale affrontata dal quesito è stata politicizzata nel peggiore dei modi. Salute e ambiente sarebbero dovuti essere i protagonisti ma per diversi motivi non se n'è parlato nel modo giusto. Questo ha contribuito ad affossare, oltre al quorum, la coscienza ambientale di molti. Una strumentalizzazione fuorviante utilizzata soprattutto da parte di Renzi e della sua maggioranza. Negli elettori del PD, con qualche eccezione, questo ha funzionato annullando le valutazioni di merito sulla questione. E ci chiediamo: quanti degli astensionisti per ordine di partito sarebbero stati i primi a votare SI nel caso la norma fosse stata di origine Berlusconiana?
Agli astensionisti cronici e sfiduciati, da tempo malessere della nostra società, si è aggiunto chi ha purtroppo creduto a 3 false motivazione sostenute per sminuire e demonizzare il quesito. Perché far perdere posti di lavoro? Perché non sfruttare quel poco di risorse che abbiamo? A cosa può servire questo inutile quesito? Il tutto guarnito, anche nel discorso celebrativo post risultato, dalla ciliegina dei soldi spesi inutilmente, sorvolando furbescamente sul mancato accorpamento con le amministrative, vera causa dello spreco di 300 milioni di €. Per chi ne ha parlato, poco e male, è stato facile far sembrare queste motivazioni come determinanti. Questo spiega probabilmente i risultati in provincia di Monza e Brianza: con l'affluenza allineata perfettamente al valore complessivo (31,18%), è stata ben più alta la percentuale di NO arrivati ad oltre il 20% rispetto al 14% del totale nazionale.
Chi veramente sa che con il petrolio le popolazioni rimangono povere e malate e che in pochi ci guadagnano ha risposto a dovere: in Basilicata il quorum è stato superato ed il NO di tutti quelli che potevano avere timore di perdere posti di lavoro, secondo quanto sopra sostenuto, è stato solo del 3,6%. In altre regioni più lontane dal problema, ma anche in alcune delle promotrici del referendum, non è stato purtroppo così.
Quasi fosse un segno del destino, la sera stessa di domenica un incidente ha causato lo sversamento di petrolio in un torrente a Genova. Arrivato al mare, il petrolio ha portato con se polemiche ma soprattutto ingenti danni: in molti stanno sì lavorando ma di certo avrebbero preferito non farlo in tale situazione, che noi ben conosciamo ricordando il disastro del Lambro.
La vicenda delle concessioni a vita mantenute dopo il referendum non è però chiusa. Questo discusso regalo alle compagnie potrebbero essere fermato da un ricorso alla Commissione Europea per contraddizione con le norme vigenti sulla concorrenza.
Agli Ecologisti il referendum lascia solo qualche piccola speranza: nel dibattito non si sono affacciati i negazionisti, ormai rimasti pochi. Anche i promotori di astensione e NO hanno riconosciuto un futuro sostenibile e l'importanza delle fonti rinnovabili. Una differenza però c'è: la politica del "sì alle rinnovabili ma non da domani" "sì all'abbandono del fossile ma ora usiamo le risorse che abbiamo..." fino ad oggi non ha fatto altro che allungare i problemi, rallentando la transizione energetica. Questa politica ha inoltre creato nuovi problemi quando serviva solo a mascherare altri interessi. Se a New York si è da poco firmando l'accordo sul clima e si pensa di rispettarlo, vuol dire che è il momento del Sì e basta, il Sì da subito. Un Sì alle rinnovabili e all'indipendenza energetica che non è utopia ma è possibile, già oggi. Coerentemente con quanto detto a sostegno del referendum, il vero progresso è l'andare avanti nei fatti e non con le parole. Al "Sì.. Ma..." sono seguiti troppo spesso solo passi indietro.
LdA